lunedì 23 gennaio 2017

Autoprotezione civile


I nostri eroici Vigili del Fuoco toscani
di ritorno oggi dal disastro di Rigopiano
(fonte: TGR Toscana, ore 19.30, 23/01/2017)


Il terremoto infinito nel centro Italia, la grande nevicata, il disastro della slavina che ha seppellito l'albergo di Rigopiano, ci riportano a una realtà brutale che, pur stando davanti al nostro naso, in troppi si rifiutano di vedere.
Non sono grandi autorità centrali, commissari straordinari, burocrazie alte e lontane che possono fare la differenza di fronte ai drammi della natura e della vita.
Mesi e mesi di annunci del presidente fo-tutto-io Renzi, di lavoro del commissariato straordinario del signor Errani, di impegno della Protezione Civile nazionale, in assenza di solide strutture di autogoverno e autoprotezione locale, NON SONO STATE EFFICACI come in molti speravano.
Non sono arrivate le casette.
Non sono stati affrontati i problemi dell'allevamento e dell'artigianato diffusi fra le colline e le montagne.
Non sono arrivati in tempo gli ordini di evacuazione in vista della grande (e prevista) nevicata.
Non sono arrivati sul posto del disastro di Rigopiano uomini e mezzi in misura sufficiente.
Le centinaia di borghi e comunità colpite da questi eventi terribili e da questo inverno rigido AVREBBERO DOVUTO AVERE più risorse locali, più tecnici residenti, più mezzi nelle proprie rimesse, più esperti del territorio in grado di agire in autonomia, in prossimità, in sussidiarietà.
L'aiuto che era necessario fornire - e che tanti hanno fornito con abnegazione, a cominciare dai Vigili del Fuoco e dalla Protezione Civile toscana - avrebbe dovuto essere il moltiplicatore di azioni più mirate e quindi più efficaci, perché guidate da persone esperte del posto, appassionate del proprio territorio, personalmente interessate a salvare la propria gente, i propri animali, i propri beni.
Non faremo facili polemiche contro un governo che ha stanziato i soldi per ricostruire tutto - "anche le seconde case" - ma non ha saputo portare in tempo né casette di legno per gli abitanti, né rifugi per gli animali.
Non accusiamo nessuno, perché non è nostro compito.
Ci penserà il giornalismo d'inchiesta a fare chiarezza su ciò che è stato bloccato dall'insensato neocentralismo che da troppo tempo sta paralizzando tutte le comunità di questa povera repubblica.
Se necessario interverrà la magistratura (locale, quella che può approfondire i problemi localmente, comunità per comunità).
Dobbiamo però ribadire le ragioni profonde e l'urgente necessità di un movimento popolare per la rinascita dell'autogoverno borgo per borgo, comune per comune, valle per valle, A PARTIRE DAI TERRITORI PIU' DISABITATI E PERIFERICI.
Dobbiamo ribadire l'ovvio: la protezione civile nazionale ha funzionato peggio che in passato, semplicemente perché è stata chiamata ad affrontare un territorio più vasto, che non può essere conosciuto e capito in poco tempo (in passato, in situazioni altrettanto gravi, ma più circoscritte e meglio conosciute, come il terremoto de L'Aquila, infatti è andata meglio); il commissariato Errani non ha potuto fare nulla di nemmeno lontanamente paragonabile a quello che ha fatto per l'Emilia, semplicemente perché NON AVEVA quello che invece aveva in Emilia, una conoscenza profonda del territorio e una rete capillare di rapporti con leader locali, imprenditori, reti di cittadini attivi, con cui esisteva una precedente, consolidata empatia.
Sappiamo di non dire nulla di particolarmente nuovo.
Stiamo solo ribadendo la necessità della prossimità e della sussidiarietà, anche in protezione civile, che sono già sanciti in documenti internazionali, specialmente nei più recenti e avanzati, come le ricerche del progetto europeo RESOLUTE.
Occorre una inversione di rotta, un ritorno all'autogoverno al più basso livello possibile.
Occorre impegnarsi per una nuova primavera civica e civile, per veder rifiorire una cultura diffusa dell'autoprotezione civile locale, paesino per paesino, comunità per comunità.



domenica 8 gennaio 2017

Ricordo di Lelio Lagorio, presidente della Toscana


Approfittiamo delle parole usate dal presidente del consiglio regionale Eugenio Giani, per ricordare anche qui e onorare Lelio Lagorio, scomparso ieri a 91 anni.
E' stato il primo presidente della moderna regione Toscana, dal 1970 al 1978.
Avvocato di professione, giurista stimato nel mondo accademico, allievo di Piero Calamandrei, socialista riformista di grande spessore, precedentemente era stato anche sindaco di Firenze, subito dopo Giorgio La Pira.
Guidò la regione per due legislature, la I e la II, alla guida di una maggioranza PCI-PSI, guadagnandosi il soprannome affettuoso di "Granduca di Toscana" per la statura intellettuale e la determinazione nell'esercizio del ruolo.
Successivamente fu assorbito dalla politica nazionale, arrivando a essere uno degli uomini più influenti del governo guidato da Bettino Craxi dal 1983 al 1987.
Il presidente del consiglio regionale Giani ha fatto in tempo a onorarlo nel parlamento toscano il 13 luglio scorso, durante la commemorazione della prima seduta del moderno consiglio regionale, avvenuta nel 1970 proprio quel giorno.
Se ne va un uomo con cui avremmo condiviso non tutto, ma di certo un forte senso della necessità che le comunità locali si autogovernino, che gli elettori possano scegliere i propri rappresentanti, che la democrazia sia coniugata nella sovranità popolare su ciascun territorio.