mercoledì 31 agosto 2016

L'illusione pericolosa del ritorno al centralismo



La maggior parte delle persone che applaudono al ritorno del centralismo ignorano semplicemente due fatti drammaticamente complicati, della storia e della vita.
Primo, se non ci fossero state le autonomie - tutte, anche quelle che sono o sono apparse maggiormente appesantite da sprechi e clientelismo - l'Italia sarebbe ancora più squilibrata e più ingiusta di quanto non sia oggi. La Calabria sarebbe ancora più desertificata; il Veneto molto meno ricco; la Toscana più cementificata; la Campania più inquinata; il Sutirolo e il Friuli sarebbero stati trattati come i Piemontesi trattarono la Sardegna, cioè come colonie; la Sicilia sarebbe sprofondata nella violenza mafiosa. I territori più ricchi sarebbero oggi ancora più ricchi. Quelli più marginali, ancora più abbandonati. Le disparità territoriali e le ingiustizie sociali di oggi ci fanno spesso dimenticare che, se non avessimo avuto consigli comunali, provinciali, regionali, eletti direttamente dalle popolazioni, per rappresentarle e in molti casi difenderle, le cose sarebbero andate molto, ma molto peggio. I pochi difetti della riforma del 2001, conducono troppe persone a sorvolare superficialmente sui grandi meriti di settanta anni di autonomismo e regionalismo, garantiti dalla Repubblica nata nel 1946 e poi sanciti nella Costituzione e negli Statuti delle autonomie locali.
Autonomismo e regionalismo che oggi, troppo avventatamente, persone che paiono totalmente ignare (o ignave) rispetto ai problemi della concentrazione geopolitica del potere, vogliono purtroppo spingerci ad abolire.
Secondo, ogni volta che si allontana dai diretti interessati l'amministrazione delle loro vite e del loro territorio, si generano automaticamente perdite di consapevolezza del contesto, della prospettiva e, cosa ancora peggiore, dei dettagli. Persino le organizzazioni che sono per loro natura gerarchiche e sottoposte al potere di pochi - banche, imprese, eserciti, chiese - studiano come decentrare al massimo compiti e responsabilità, per poter sfuggire a questa entropia della perdita di contatto fra i problemi e chi può effettivamente risolverli, perché li vive. Il centralismo è solo una illusione, quasi sempre pericolosa, per tutte le realtà umane. Figuriamoci se possono davvero funzionare in modo centralista e centralizzato le comunità politiche territoriali, fondate sulla libertà e sulla sovranità dei loro cittadini. Nessuna persona che abbia studiato un po' di geografia e di storia, può volere davvero che l'Italia sia governata come la Francia di ieri o la Turchia di oggi, semplicemente perché ci si è già provato e si è già visto come è andata a finire: i guasti del colonialismo, del nazionalismo, del fascismo, dell'industrialismo sono davanti agli occhi e sulle spalle di tutti gli Italiani.
Non è il momento di esitare.
Domani è già settembre.
Il referendum si avvicina.
Avanti, insieme, con serenità.Votiamo NO, per fermare il neocentralismo.

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