sabato 5 novembre 2016

No al podestà d'Italia


Da ormai un anno ogni evento felice o triste nel paese viene trasformato in uno spot in favore del "Sì" al plebiscito voluto dal governo Renzi-Delrio-Padoan, per imporre al paese la svolta neocentralista della riforma Boschi-Renzi-Verdini.
E' successo anche con il cinquantesimo anniversario dell'alluvione di Firenze, purtroppo.
Ogni volta che il presidente Renzi parla in pubblico, ormai, è un disco rotto che difende la sua idea di repubblica veloce, dove un unico centro di potere, Palazzo Chigi, decide tutto per tutti, dalla Val d'Aosta al Salento.
Firenze, in particolare, è trattata ormai una periferia di Roma, dove il presidente del consiglio si muove come se fosse il podestà d'Italia che visita una delle sue frazioni. Mentre è sempre più chiaro, dagli studi, dalle esperienze, dalla ricerca scientifica, che il territorio ha bisogno di custodi responsabili locali e di cambiamenti decisi al più basso livello possibile, il governo continua con la sua propaganda neo-nazionalista.
Si continuano a riproporre annunci mediatici su grandi opere concepite poco dopo l'alluvione del 1966, sorvolando sul fatto che - lo riconoscono anche i media di stato - non solo non si sa quando saranno terminate, ma che esse non sono lontanamente adeguate a proteggere un territorio antropizzato come è quello toscano di oggi, dagli effetti di una alluvione dugentennale.
Il neocentralismo non ha mai funzionato e anzi, storicamente, ha ritardato lo sviluppo sociale e civile dell'intera penisola, ma che importa? Chi si ricorda più degli studi autonomisti, federalisti, anti-colonialisti, di don Luigi Sturzo, Gaetano Salvemini, Antonio Gramsci.
Le velleità veltroniane sul "sindaco d'Italia" si stanno trasformando in questi epigoni nella ben più preoccupante realtà di un potenziale "podestà d'Italia".
Dall'alto di un ministero romano, anche Firenze è una remota periferia e la Toscana un giardino di divertimento per ricchi e potenti.
Vanno molto bene come "location" per gli spot in favore del "Sì" e nessuno si metta di mezzo.
Si veda in proposito cosa si è escogitato per nascondere la tristezza e il grigiore dell'edizione numero 7 della Leopolda.La manifestazione "C'è chi dice NO a Renzi" è stata vietata in extremis dal questore di Firenze, impedendo così ogni possibile dialogo, un possibile spostamento del percorso, un ricorso.
Come era facile da prevedere, molti manifestanti hanno fatto una scelta di disobbedienza e le forze dell'ordine di Firenze sono state impegnate tutto il giorno in una insensata azione repressiva.
Solo grazie al maltempo e a tanto senso civico diffuso, questo scontro non ha coinvolto più gente e provocato guai più seri.
Si poteva evitare questa forzatura, che ha prodotto effetti aberranti, come la sospensione di tante altre attività cittadine, persino di innocui mercatini come la fiera di San Martino?
Forse sì, ma, ammettiamolo, la forzatura è stata funzionale a rafforzare il senso di contrasto fra il buonismo renziano al potere e il disordinato caos provocato dai pezzenti, dagli spostati, dai disoccupati, dai precari, dai senza casa.





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